3 segreti per cuocere la selvaggina

1/6 – Introduzione

Chi apprezza la cacciagione e la caccia, si troverà prima o poi a dover cucinare le prede con fatica conquistate. Rispetto alla cucina della carne proveniente da allevamento, però, la cacciagione ha bisogno di una cura differente, soprattutto a riguardo della cottura, ma anche in base all’esemplare cacciato. Il coniglio, la lepre, il capriolo, il cinghiale, il daino e il cervo, oppure fagiani, pernici, anatre, quaglie, tordi o altri volatili vari, necessitano di trattamenti diversi. Scopriamo insieme 3 segreti per cuocere nella maniera migliore e senza errori ogni tipo di selvaggina. Diamo dunque inizio a questa guida sui 3 segreti per cuocere la selvaggina.

2/6 Occorrente

  • Cacciagione
  • Vino rosso o bianco
  • Sedano
  • Carota
  • Cipolla
  • Olio
  • Rosmarino
  • Timo
  • Pepe
  • Aglio

3/6 – Frollatura

La carne della selvaggina è più dura rispetto a quella degli animali da allevamento, e soprattutto meno grassa. Non si può pretendere di metterla sul fuoco così com’è perché potrebbe risultare addirittura immangiabile, se prima non la si fa frollare. In sostanza la carne deve iniziare a decomporsi e le proteine a degradarsi per permetterci di gustare a pieno il suo sapore. Il primo segreto per effettuare una cottura ottimale della selvaggina, è quindi quello della frollatura, un trattamento atto a rendere la carne maggiormente tenera e a infonderle un particolare e gustoso aroma. Con la frollatura il sapore diverrà molto marcato. Per frollare si dovrà iniziare togliendo le viscere all’animale quindi appenderlo in un luogo fresco, avvolto in un telo sottile per un tempo compreso tra due e quattro giorni variabili in base alla specie cacciata. Una volta la frollatura si faceva all’interno di apposite gabbie dette moscaiole, dove la carne iniziava il processo al sicuro dalle mosche, ma al giorno d’oggi si usa il frigorifero, che ha la temperatura ideale per questa operazione.

4/6 – Marinatura

Il secondo segreto consiste nella marinatura, operazione fondamentale per la selvaggina da penna, ma anche per il resto della cacciagione. La marinatura in sostanza è un’aggressione chimica alle proteine della carne, fatta usando antisettici alimentari, come il sale, il vino, gli odori e le spezie. Un’ottima marinatura permetterà alla carne di acquisire perfettamente molte sfumature aromatiche speziate oltre a renderla davvero tenera e a farle perdere in parte la componente sgradevole del sapore selvatico che a volte è davvero troppo forte e non adatto ad ogni palato. La cottura ideale si compone di un trito composto da una carota, uno scalogno, una cipolla, qualche foglia di alloro, uno spicchio di aglio, un gambo di sedano, alcune bacche di ginepro, del timo, un pizzico di pepe, un rametto di rosmarino, 20 grammi di olio extravergine di oliva, 100 grammi di aceto e mezzo bicchiere di vino, che può essere a piacere rosso, se si vuole ottenere una salsa densa, o bianco, se non la si desidera. Il sale invece, deve essere assolutamente evitato. Per le cotolette, le carni dovranno essere ben rigirate per un paio d’ore, per i pezzi grossi ci vorranno invece fino a cinque giorni. Infine, per l’esaltazione perfetta del gusto delle carni scure, queste si potranno accompagnare con salse prevalentemente dolci e fatte con frutti di stagione come uva, prugne, mirtilli, castagne o mele.

5/6 – Appezzamento

La cacciagione, ovviamente se frutto dei nostri appostamenti non è passata sotto le mani del macellaio. Oltre a scuoiarla o spennarla, dobbiamo fare i tagli, seguendo un criterio che ci fornisca ottime parti. Cosce e selle sono prettamente indicate cotture in forno, sullo spiedo o arrosto. Per parti come petto e ventre sarà meglio avvalersi di preparazioni in umido e salmì, mentre per cotolette e costine saranno ottimali cotture alla griglia e in padella.

6/6 Consigli

  • Ricordate di togliere immediatamante dopo averla uccisa i testicoli alla cacciagione perchè altrimenti la carne si rovina

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